Nel 2014 i cosiddetti MOOCs (Massive online open courses) sui temi di business e management erano il 14% dell’offerta a livello globale contro il 16% sull’ICT. Oggi invece i temi manageriali sono al primo posto con il 19,3%, seguiti dall’ICT al 17,4%, le Scienze al 10,4% e le Science sociali al 9,82% su piattaforme digitali come Coursera ed EdX. In contemporanea all’evoluzione dell’offerta di contenuti brevi erogati gratuitamente dalle università stesse, queste si stanno misurando con i nuovi formati anche su percorsi più strutturati. Come è emerso dal primo EOOCs Learning Community Symposium che si è svolto al Mip Politecnico di Milano a livello europeo, organizzato dall’ente di certificazione di Bruxelles EFMD, ancora nella maggior parte delle università europee la formazione manageriale viene progettata ed erogata soprattutto in forma blended, con una piccola parte online a integrazione di modelli d’aula più tradizionali. Non mancano le eccezioni di master in business administation (MBA) ed Executive MBA interamente o quasi erogati online su piattaforme digitali proprietarie, come quello dell’Imperial College di Londra, dell’Instituto de Empresa di Barcellona e del Mip Politecnico di Milano. Abbiamo intervistato sul fenomeno in atto Federico Frattini, Direttore degli MBA ed EMBA del MIP, la Business School internazionale del Politecnico di Milano.
Come si spiega il successo dei nuovi formati per la formazione manageriale?
Pur distinguendo tra contenuti più brevi e meno sofisticati come nel caso dei MOOCs, che sono ben diversi da un percorso MBA o Executive MBA sviluppato su piattaforme che offrono l’integrazione multicanale e una fruizione sincrona in aule virtuali, oltre che asincrona con pillole formative e materiali da scaricare, in generale il diffondersi di contenuti manageriali sui canali digitali risponde al sempre maggiore bisogno di flessibilità da parte dei manager. Quest’ultimi, infatti, sono sempre più mobili, con una pianificazione più immediata delle attività in base al mercato e alle decisioni della capogruppo, e sono sempre più impegnati a rispondere a sfide nuove e contingenti. Per cui, da un lato, hanno bisogno di formarsi velocemente e in modo mirato su alcuni aspetti di business, che eventualmente possono recuperare anche dal web; dall’altro lato, se anche volessero seguire un percorso di formazione più corposo per la loro crescita professionale, non potrebbero garantire la loro presenza regolarmente in aula. In genere poi quando si è executive si ha anche una famiglia in cui già si sta poco, quindi poter studiare in momenti particolari, o connettersi alla piattaforma di formazione a distanza tra un volo e l’altro, senza toglierle altro tempo di sera e nel fine settimana, è un altro vantaggio molto apprezzato in un MBA digitale.
Voi al MIP avete l’executive MBA sia in formato serale, sia in formato fine settimana sia il Flex EMBA, quasi interamente su piattaforma digitale (solo le sessioni sulle soft skill sono in presenza). Riscontrate delle differenze di qualità nella didattica, nei risultati e nel grado di apprezzamento degli studenti?
Intanto i vari formati soddisfano target diversi. Con quello digitale abbiamo intercettato un target di manager che non avrebbero mai potuto frequentare un percorso di formazione lungo che prevedesse diversi momenti d’aula tradizionale. Inoltre, grazie alla partnership con Microsoft con cui abbiamo sviluppato la nostra piattaforma, i nostri studenti hanno la possibilità di trovarsi nel loro stesso ambiente di lavoro se sono abituati a Office 365. L’abbiamo scelto proprio per favorire una fruizione facile e immediata. Così, anche per gli studenti inizialmente meno pratici con le tecnologie, l’uso della piattaforma si è rivelata semplice e si sono abituati velocemente.
Quanto a una misurazione della didattica, dei risultati e del grado di soddisfazione, abbiamo fatto svolgere una rilevazione all’Università della Bicocca tra il dicembre 2015 e il dicembre 2016, che mettesse a confronto i diversi formati nel nostro portafoglio. Non solo non ci sono stati vincitori e vinti, e per il livello della didattica sia i professori che gli studenti hanno mostrato lo stesso grado di soddisfazione, ma nelle aule virtuali si è anche riscontrata una maggiore interazione fra studenti che non nelle aule tradizionali, come se l’assenza di barriera fisica facilitasse lo scambio di esperienze e punti di vista.
L’erogazione in digitale consente di fruire come e quando si vuole, senza più limiti spazio-temporali, di una serie di contributi e contenuti?
Sì, serve solo una connessione adeguata. Nel nostro modello di piattaforma sono comunque previsti diversi momenti “live”, con aule virtuali sincrone, dove in presenza c’è il professore e da remoto sono connessi gli studenti che possono interagire in diretta con lui e fra loro nella discussione di casi e su temi di management legati all’attualità. Quindi hanno anche loro degli appuntamenti, ma possono collegarsi ovunque si trovino. Ci sono poi le chat e i forum di discussione, cui si collegano quando possono e una serie di pillole formative, video, clip, documenti e materiali da fonti diverse scaricabili in remoto, che non richiedono interazione con gli altri. La nostra scelta è stata di sfruttare il più possibile il multichannel e integrare le diverse modalità didattiche.
È una rivoluzione anche per la faculty interna?
Direi di sì, si tratta di iniziare a guardare all’apprendimento come un processo trasversale, multicanale, multisource, per cui lo stesso professore deve accettare di non essere più la sola fonte di conoscenza necessaria per un percorso di formazione valido, ma deve farsi guida nell’esplorazione di fonti diverse sul web, selezionandole e mettendole a disposizione degli studenti. Il digitale richiede un vero e proprio cambio di prospettiva e ormai va affrontato.