Il termine Design Thinking è sempre più usato da manager e consulenti di tutto il mondo. Non sono più i soli designer ad utilizzare questa terminologia. Questo fenomeno ha portato sempre più realtà lontane dal mondo del design ad interessarsi a esso e sempre più designer a collaborare con aziende che di design non si sono mai occupate.
Design Sprint, una metodologia di Google
Da Marzo 2016 al paradigma Design Thinking si è affiancato un altro approccio, che fa sempre leva su alcuni aspetti chiave del design ed arricchisce ulteriormente le metodologie a disposizione di consulenti e manager. Tale metodologia è stata denominata Design Sprint da Jake Knapp, ex partner di Google Venture; essa viene utilizzata da Google per supportare la crescita di startup e agevolare lo sviluppo di esperienze digitali. Analizzando nel dettaglio tale metodologia è possibile riscontrare una sorta di integrazione tra i principi di fondo del Design Thinking e le pratiche che contraddistinguono gli approcci agili di sviluppo come lo SCRUM. Se team creativity e learning by doing rappresentano le principali similitudini tra Design Thinking e Design Sprint, user contribution e process dynamics evidenziano alcune differenze.
Team Creativity
Sia il Design Thinking che il Design Sprint sono approcci che fanno leva significativa sulla capacità delle persone coinvolte nell’essere creative. Infatti entrambi gli approcci sono caratterizzati da strumenti e metodologie che supportano la generazione delle idee come l’How Might We nel caso di Design Thinking oppure Crazy’s 8 nel caso di Design Sprint. In entrambi i casi la creatività non è solo pensare a soluzioni futuristiche, ma è anche sviscerare i problemi e le sfide al fine di trovarne delle soluzioni innovative che gli utenti possano apprezzare. In tal senso la metodologia Design Sprint incentiva un approccio maggiormente critico prevedendo un numero maggiore di sessioni dedicate alla riflessione individuale, rispetto a quanto suggerito dal Design Thinking.
Learning by Prototyping
Il secondo aspetto che accomuna i due approcci è sicuramente il ruolo ricoperto dalla prototipazione. Entrambe le metodologie non si limitano a definire i passi al fine di immaginare un’idea, una soluzione, ma permettono al team di lavoro di arrivare fino ad una sua realizzazione mediante il confezionamento di un prototipo. Infatti, sia la quarta fase del processo di Design Thinking, denominata Prototyping, che il penultimo giorno del Design Sprint, attraverso la realizzazione di un Minimum Viable Product, sono dedicati alla realizzazione di mockup del prodotto che risolve il problema affrontato. Questo mostra come entrambi gli approcci facciano leva sulla realizzazione di prototipi nello sviluppare le soluzioni. Per quanto riguarda il Design Sprint tali soluzioni risultano essere molto concrete quasi a voler simulare prototipi funzionanti. Per quanto riguarda i progetti di Design Thinking, invece, i prototipi a volte sono solo delle Roadmap che spiegano come verrà sviluppata la soluzione, senza però dare evidenze fisiche della soluzione stessa.
User Contribution
Un’ulteriore differenza riguarda il ruolo che l’utente finale ricopre nel processo di innovazione. Infatti se nel Design Thinking l’utente con i suoi bisogni è l’incipit del processo, per lo Sprint invece l’utente è coinvolto solo alla fine del processo per poter testare e validare la soluzione sviluppata. Proprio per tale ragione gli strumenti usati sono diversi. Nel Design Thinking si fa largo uso di ricerche etnografiche, mentre nel Design Sprint l’utente è coinvolto in test quali l’AB Test. Questa differenza di coinvolgimento è legata al fatto che lo Sprint nasce da una sfida interna alla azienda mentre un processo di Design Thinking nasce dalla volontà di guardare ai bisogni che gli utenti stanno affrontando e aiutarli a risolverli.
Process Dynamics
Questo è uno degli aspetti che differenzia maggiormente i due approcci. Infatti, se i progetti di Design Thinking possono durare ore, giorni, mesi o addirittura anni, quelli di Design Sprint hanno una durata definita: 5 giorni lavorativi, da lunedì a venerdì. Questa differenza di durata, tuttavia, ha una ripercussione sulle dinamiche di processo. Infatti:
· il Design Thinking predilige fasi divergenti, in cui si generano innumerevoli nuove idee attraverso lunghi momenti di brainstorming;
· il Design Sprint è focalizzato alla convergenza tanto da dedicare tre giorni su cinque ad essa e a porre molta enfasi sui momenti decisionali, che spesso vengono gestiti tramite votazioni.
Proprio il differente ruolo dell’utente e le dinamiche di processo sono gli aspetti chiave che differenziano e permettono di scegliere quale approccio sia preferibile a seconda del problema da affrontare. Questo poiché la compressione in soli cinque giorni (Design Sprint) di attività che solitamente coprono un lasso temporale maggiore (Design Thinking) porta a ridurre l’incertezza e ad aumentare il potenziale successo di un progetto. In soli cinque giorni si è infatti in grado di comprendere se la soluzione proposta dal team sia funzionale, tramite un test con gli utenti. Questo test, che avviene il quinto giorno e non a distanza di mesi, permette di comprendere i pro e i contri della soluzione e di imparare da essa senza far sì che il team si innamori della soluzione sviluppata interamente e non sia aperto a variazioni e suggestioni date dagli utenti.
Accelerare i tempi a volte non è negativo. Anzi, quando si parla di innovazione può essere un’arma a proprio vantaggio.
*di Stefano Magistretti e Claudio Dell’Era, Osservatorio Design Thinking for Business – Politecnico di Milano