Il Neuromarketing è un innovativo strumento di analisi che contribuisce al marketing e alla comunicazione con un approccio win-win. Se offre benefici concreti, ai consumatori come alle aziende, allora perché il suo intervento nella strategia d’impresa genera ancora reazioni ambivalenti? Vediamolo insieme.
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La nascita di un dibattito etico
Il dibattito etico attorno al Neuromarketing emerge naturalmente in risposta alla paura di un possibile impiego manipolatorio. Le peculiari capacità delle metodologie adottate, in grado di esplorare l’inconscio, rappresentano un rischio che solleva preoccupazioni fin dalla sua nascita, nel 2002.
Infatti, l’anno seguente il Commercial Alert, un’associazione per la tutela dei consumatori, si è prima rivolta al mondo accademico e poi al Senato degli Stati Uniti, presentando una petizione contro l’utilizzo di scansioni cerebrali nelle indagini di mercato.
Il gruppo affermava che il Neuromarketing costituisse un pericolo rilevante per le persone, definendolo capace di «soggiogare la mente e usarla per il profitto commerciale», e avanzando l’ipotesi di un potenziale uso come strumento di propaganda politica.
Accusato di ricercare un “bottone d’acquisto” nel cervello del consumatore, il Neuromarketing nel mondo d’impresa desta ancora preoccupazione.
Si è diffusa l’idea che grazie alle Neuroscienze applicate al Marketing si possano comprendere in dettaglio come e cosa pensano le persone, talvolta più accuratamente di quanto facciano loro stesse. Per questo aleggia il timore che le percezioni umane possano essere controllate da altri per scopi commerciali, e che il nostro intimo spazio di pensiero possa essere violato.
L’accusa di violazione della privacy e di minaccia all’autonomia individuale nasce dallo stato di presunta trasparenza in cui verrebbe posta la persona rispetto alle aziende, che in qualsiasi momento potrebbero approfittarne e condizionare le sue decisioni.
Tuttavia, l’analisi di parametri neuro-psico-biometrici per scopi commerciali non deve suscitare preoccupazioni.
Etica e Neuromarketing: aiutare e non manipolare
Va ricordato, infatti, che il Neuromarketing opera nel campo della probabilità: questo può attenuare il timore di un potenziale intento manipolatorio da parte delle aziende, oltre che educare gli imprenditori sulle sue reali capacità e aiutarli a diffidare da chi promette risultati certi.
Le analisi di Neuromarketing restituiscono previsioni sul comportamento dei consumatori, supportando le aziende nel trovare le strategie creative e operative più efficaci senza scivolare in determinismi causa-effetto. Chi assicura il successo millantando trucchi e soluzioni neuro-based non solo dimostra di ignorare la complessità del funzionamento cerebrale, ma sfrutta in modo improprio le potenzialità di questo strumento per perseguire esclusivamente il proprio interesse.
Inoltre, la teoria che esista un “pulsante d’acquisto” nel cervello umano non è sostenuta da alcuna prova scientifica. Si tratta di un’estrema semplificazione di come funziona il cervello, in opposizione alle evidenze consolidate sulla sua plasticità. Lo stesso percorso decisionale, di massimo interesse per il Marketing, include processi mentali a vari gradi di consapevolezza, a conferma della complessità che caratterizza il nostro comportamento.
Verso un codice etico del Neuromarketing
L’etica delle neuroscienze, uno dei rami della Neuroetica, si propone di stabilire quali metodologie siano accettabili nella ricerca neuroscientifica per scopi commerciali, e cerca di definire delle linee guida operative standardizzate.
Attraverso il NeuroStandards Collaboration Project (2011), l’Advertising Research Foundation coinvolge aziende leader per elaborare una normativa che superi ogni scetticismo. L’obiettivo è rispondere sia alle domande mosse da curiosità sia alle critiche sollevate dagli oppositori circa l’impiego di strumenti di indagine cerebrale nella strategia d’azienda.
Con il NeuroStandars 2.0 (2013), il progetto mira ad aumentare la trasparenza delle metodologie e a definire una struttura di riferimento per la realizzazione delle analisi di Neuromarketing. La stesura di un codice etico ad hoc potrebbe non solo affrontare le problematiche relative a un suo potenziale uso manipolatorio, ma anche velocizzare l’accettazione del Neuromarketing a componente essenziale delle strategie aziendali.
Infatti, un ulteriore aspetto che ostacola l’ingresso della disciplina nel mondo d’impresa è la scarsa condivisione di casi studio reali. Per garantirsi una più alta competitività, le aziende tendono a non diffondere le proprie modalità di analisi e strategia e, di conseguenza, i risultati raggiunti. Una prassi che da un lato rallenta la diffusione del Neuromarketing a livello globale, e dall’altro consolida i dubbi e le preoccupazioni.
Del resto, adottare un metodo etico e trasparente, che rispetti il consumatore e i suoi diritti, significa non avere segreti e viceversa… giusto?
Una garanzia di eticità che ruota attorno alla persona
Al di là della morale personale, le accuse mosse al Neuromarketing richiedono agli operatori una chiara assunzione di responsabilità sul piano etico. Acquisire il consenso dai partecipanti prima di avviare il test, comunicare loro le procedure cui saranno sottoposti, i possibili rischi e i loro diritti, è una prassi basilare. Così come garantire la privacy dell’individuo, fornire informazioni sul trattamento dei suoi dati e le corrette rassicurazioni in caso di perplessità.
Come strumento strategico, il Neuromarketing fornisce alle imprese i mezzi necessari per fare investimenti migliori e per creare proposte commerciali e comunicazioni mirate, minimizzando il margine di errore. L’abuso di tali potenzialità è da disapprovare, ma non deve essere attribuito alla metodologia stessa.
Allineare gli obiettivi aziendali al benessere dei consumatori significa adottare un approccio win-win, in cui la persona è il fine e mai il mezzo. La strategia migliore è integrare l’uso di tecnologie biometriche, come l’EEG (acronimo di elettroencefalogramma) e l’Eye Tracking, al già consolidato know-how interno all’azienda. È così possibile comprendere in modo più profondo il proprio pubblico e individuare cosa, a livello non consapevole, guida le sue scelte. Il Neuromarketing quindi offre l’opportunità di lanciare sul mercato offerte realmente utili e apprezzabili, che semplificano la scelta dei consumatori.
Si tratta di dare alle persone ciò che desiderano, spesso senza rendersene conto, nei tempi e nelle modalità che più valorizzano la loro esperienza di consumo. Con un metodo di lavoro etico, il Neuromarketing rappresenta un vantaggio per tutti.